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ci chiama, dal carcere agli ospedali, dai santuari ai confessionali e a custodire i luoghi della vita e dell’esperienza di San Francesco. San Francesco amava la Porziuncola più di ogni altro luogo e ha chiesto ai frati di non lasciarla mai. Obbedienti a questo suo desiderio, ancora oggi custodiamo questo Santuario a te tanto caro. La nostra presenza in Porziuncola, luogo delle origini dell’Ordine francescano e della morte del poverello di Assisi, aiuta i milioni di pellegrini che ogni anno passano da questa chiesetta o seguono da casa le celebrazioni, a vivere la stessa grazia che Francesco sperimentò in questo luogo. Il desiderio di San Francesco è che la Porziuncola sia per te lo stesso luogo di grazia che è stato per lui. La nostra presenza costante, la cura del luogo e i tanti servizi offerti, esprimono il nostro desiderio di incontrarti ed essere per te strumento di questa grazia.

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Il Transito di Francesco

Il Santuario della Porziuncola custodisce, da circa otto secoli, i luoghi della vita di Francesco d’Assisi e del nascente Ordine dei Frati Minori.

La Porziuncola, per volontà dello stesso Francesco, è anche il luogo della morte del santo d’Assisi.

Dimorava allora il Santo nel palazzo del vescovo di Assisi, e pregò i frati di trasportarlo in fretta a Santa Maria della Porziuncola, volendo rendere l’anima a Dio là dove, come abbiamo detto, per la prima volta aveva conosciuto chiaramente la via della verità (FF 507).

Qui la sera del 3 ottobre del 1226 accolse cantando Sorella morte:
Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po’ scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!
Beati quelli che troverà ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male (FF 263).

Qui Francesco ha compiuto il suo transito dal tempo all’eternità.

Poi si fece portare il libro dei Vangeli, pregando che gli fosse letto il brano del Vangelo secondo Giovanni, che inizia con le parole: Sei giorni prima della Pasqua, sapendo Gesù ch’era giunta l’ora di passare da questo mondo al Padre (Gv 12,1; 13,1). E dato che presto sarebbe diventato terra e cenere, volle che gli si mettesse indosso il cilicio e venisse cosparso di cenere. E mentre molti frati, di cui era padre e guida, stavano ivi raccolti con riverenza e attendevano il beato «transito» e la benedetta fine, quell’anima santissima si sciolse dalla carne, per salire nell’eterna luce, e il corpo s’addormentò nel Signore. Uno dei suoi frati e discepoli vide l’anima del santissimo padre salire dritta al cielo al di sopra di molte acque; ed era come una stella, grande come la luna, splendente come il sole e trasportata da una candida nuvoletta (FF 511-513).

Si radunò allora una grande quantità di gente, che lodava e glorificava il nome del Signore. Accorse in massa tutta la città di Assisi e si affrettarono pure dalla zona adiacente per vedere le meraviglie, che il Signore aveva manifestato nel suo servo. I figli intanto effondevano in lacrime e sospiri il pio affetto del cuore, addolorati per essere rimasti orfani di tanto padre.

Ma la singolarità del miracolo mutò il pianto in giubilo e il lutto in esplosione di gioia. Vedevano distintamente il corpo del beato padre ornato delle stimmate di Cristo e precisamente nel centro delle mani e dei piedi, non i fori dei chiodi, ma i chiodi stessi formati dalla sua carne, anzi cresciuti con la carne medesima, che mantenevano il colore oscuro proprio del ferro, e il costato destro arrossato di sangue. La sua carne, prima oscura di natura, risplendendo di un intenso candore, preannunziava il premio della beata risurrezione. Infine, le sue membra divennero flessibili e molli, non rigide come avviene nei morti, ma rese simili a quelle di un fanciullo.

Ogni anno il 3 ottobre, verso il tramonto, si celebra solennemente la Commemorazione del Transito del Poverello di Assisi, anche Santo Patrono d’Italia.